A dieci giorni dall’inizio dellaRegular Season del campionato NBA, a tenere banco è la questione relativa a Kyrie Irving. Il playmaker dei Brooklyn Nets in questi mesi non ha mai nascosto la sua contrarietà al vaccino anti covid e per questo rischia seriamente di vedere compromessa la stagione ancora prima di iniziare.
Secondo le regole per contrastare il coronavirus, infatti, lo stato di New York impone l’avvenuta prova di vaccinazione per chi deve fare sport al chiuso (come le arene della NBA) e questo comporterebbe il divieto di scendere in campo per le 41 partite casalinghe dei Nets oltre all’impossibilità di allenarsi. In questo senso, i vertici della squadra e l’allenatore Nash non stanno minimamente pensando a questa eventualità, auspicando un ripensamento da parte del giocatore.
Il problema riguarda anche gli aspetti economici: Irving, secondo il contratto che ha con la squadra di New York, perderebbe circa 382 mila dollari a partita non disputata, per un totale di circa 17 milioni di euro relativo alle gare da giocare in casa.
Per quanto concerne le regole in tema di vaccinazione, la NBA rimane sulla posizione della scelta facoltativa di inocularselo, ma per Irving i problemi potrebbero presentarsi anche nelle partite in trasferta, dovendo seguire protocolli molto rigidi che prevedono la separazione degli spogliatoi, divieto di cene di gruppo con altri compagni al chiuso e impossibilità di lasciare l’hotel se non per allenamenti o partita. Non rispondendo a tali disposizioni, il cestista campione NBA nel 2016 con i Cleveland Cavaliers, rischierebbe multe, sospensioni e addirittura 6 mesi di galera come previsto in Canada, dove giocano i Toronto Raptors.
Una grana per i Brooklyn Nets che rischiano di rinunciare a uno dei suoi pezzi pregiati, non potendolo neanche “tagliare” in quanto la non vaccinazione non può essere ritenuto un motivo valido per il licenziamento di un giocatore in NBA.