Malgrado siano passati più di cinque anni dalle Olimpiadi di Rio 2016, la manifestazione olimpica brasiliana torna al centro della cronaca per uno scandalo corruzione che ha colpito il mondo della Boxe.
Il rapporto redatto dal canadese Richard McLaren, il professore che portò alla luce il doping di stato russo e la conseguente squalifica alle Olimpiadi, come riferito dal Guardian, evidenzia un sistema di corruzione degli arbitri di pugilato durante la manifestazione a cinque cerchi nel grande paese sudamericano. Secondo McLaren, alcune federazioni di ex paese del blocco sovietico avrebbero girato delle tangenti per spostare il giudizio arbitrale a favore dei propri atleti. In particolare, dall’indagine emerge che 7 incontri su 11 siano stati pilotati attraverso l’operato di giudici e arbitri dell’AIBA (l’associazione internazionale della boxe amatoriale) che, con un sistema di segni a bordo ring e indicazioni, avrebbero indicato quali atleti avrebbero dovuto vincere gli incontri.
Nel rapporto si legge, ad esempio che la federazione dell’Azerbaigian donò come prestito all’Aiba la somma di 10 milioni di dollari per accomodare gli incontri delle precedenti Olimpiadi di Londra 2012 e la federazione della Mongolia avrebbe offerto 250 mila dollari per l’incontro semifinale di Rio 2016.
A finire nel centro dell’indagine l’allora presidente Aiba WuChing-kuo e il direttore esecutivo Karim Bouzidi, soggetti chiave del sistema di manipolazione dei risultati.
Al riguardo è intervenuto, lo scorso giugno, anche il nostro Clemente Russo che a Rio 2016 fu sconfitto dal russo EvgenyTishechenko nei quarti di finale e che, già a fine gara, aveva polemizzato per il giudizio finale degli arbitri e che ora grida vendetta.
Si attendono sviluppi, ma non escluso che qualche medaglia assegnata all’epoca venga revocata. A novembre 2022 sono attesi ulteriori rapporti.