Ieri pomeriggio la Corte d’appello federale della FIGC ha emesso la sentenza sulla questione legata ai tamponi che ha coinvolto la Lazio, il suo Presidente Claudio Lotito e i medici sociali Ivo Pulcini e Fabio Rodia per violazione dei protocolli anticovid previsti per contrastare la diffusione del virus.
La corte, presieduta da Marco Lipari, ha inflitto due mesi di inibizione al patron biancoceleste, cinque mesi ai medici e una multa di 50 mila euro al club capitolino. Uno sconto di pena per il numero uno laziale, al quale in secondo grado era stata comminata una inibizione di 12 mesi. Con l’attuale decisione, Lotito, oltre a poter svolgere le sue funzioni di Presidente, manterrà il posto di consigliere federale, cosa che sarebbe stata impossibile se fosse stata confermata l’inibizione di un anno.
Una pena che di fatto è stata già scontata nei due mesi precedenti a questa decisione che, oltre tutto ora apre ad altri scenari che ribalterebbero completamente la situazione. Lotito infatti è stato escluso dal consiglio federale per un periodo complessivo di sei mesi, e quei quattro mesi in più potrebbero portare i legali del presidente della Lazio a richiedere un risarcimento danni alla Federcalcio. Per adesso, però, gli avvocati non hanno fatto sapere nulla, sottolineando che il loro assistito, per essendo stato “trattato male” dall’istituzione calcistica italiana, potrebbe evitare di portarla in giudizio, essendo anch’egli parte integrante di tale istituzione.
L’inibizione soft non è stata accolta positivamente dalla procura della FIGC che invece ha ravvisato violazioni gravi del protocollo e che aspetterà le motivazioni della sentenza per un’eventuale ricorso al Collegio.